In libreria La Barricata, volume a più voci, dedicato alle Quattro Giornate di Napoli e alla memoria di Antonio Amoretti, l’ultimo partigiano.
Claudio Finelli
Il volume, edito da D’Amato editore, è stato curato dal figlio Francesco Amoretti: Auspico che siano in tanti coloro che avvertono che è tempo di non stare a guardare.
La Barricata, volume di testimonianze in memoria del partigiano Antonio Amoretti, Presidente Onorario dell’ANPI di Napoli, curato dal figlio Francesco e pubblicato da D’Amato Editore, si apre con un’indicazione inconfutabile atta a recuperare il ricordo di quelle quattro gloriose giornate napoletane del settembre del 1943, che, a ottanta anni di distanza, sono ancora un potente memento contro ogni fascismo e ogni assolutismo: «Prima grande città in Europa Napoli insorgeva il 28 settembre 1943 e dopo quattro giornate di epica lotta nelle quali s’immolarono i suoi figli migliori cacciava dalla città i nazifascisti precorrendo cosi l’insurrezione nazionale del 25 aprile 1945».
Il volume si compone di testimonianze e restituzioni molto diverse tra loro, unite da un sentimento comune e da un comune senso di appartenenza alla storia della Resistenza: la Resistenza che mette in comunicazione, in maniera diretta o indiretta, per averla vissuta in prima persona o per averne accolto l’eroica eredità ideologica e culturale, generazioni anche molto distanti tra loro.
Si va così dalla testimonianza di una grande attrice, Isa Danieli, bambina all’epoca delle barricate, che ricorda come la sua resistenza sia stata e continui ad essere quella combattuta nella “trincea” del teatro, a quella di Rosa Amoretti, docente di italiano e nipote del partigiano Antonio Amoretti che ha «assorbito nella quotidianità i valori della Resistenza» e li ha convintamente trasmessi ai suoi alunni; dalle suggestive pagine tratte dalla raccolta di racconti Tempo che fu di Scioscia che il poeta, attore e drammaturgo Enzo Moscato ha dedicato alle Quattro Giornate di Napoli alle palpitanti parole della scrittrice Antonella Ossorio che, raccomandandoci di «non calpestare i fiori spuntati ai bordi dei marciapiedi», ci ricorda anche che «è sempre, per sempre settembre»; dal ricordo personale e commosso di Antonello Sannino, Presidente di Antinoo Arcigay Napoli, che confessa il suo enorme affetto verso il partigiano Antonio Amoretti – «Antonio sarà sempre per me l’amico sedicenne di lotta e Resistenza» – scelto peraltro come testimone dell’unione civile con il ballerino Danilo Di Leo, al ricordo del regista e drammaturgo Fortunato Calvino che, dai racconti di Antonio Amoretti circa il dimenticato protagonismo dei “femminielli” durante le barricate di San Giuvanniello, ha scritto e messo in scena la pièce La Resistenza Negata fino a quella di Vincenzo Capuano, Fondatore del Museo del Giocattolo di Napoli, che, restituendo ai lettori frammenti della sua frequentazione con Amoretti, ricorda come quest’ultimo abbia sempre raccontato che tra le categorie perseguitate dal nazifascismo ci fosse quella delle persone omosessuali.
Invero, le testimonianze contenute nel volume, che intrecciano temperature intime e autentiche nel ricordo di Antonio Amoretti a quelle più militanti e “civili” nel ripercorrere la fatidica impresa della ribellione popolare contro i nazifascisti, sono davvero tantissime, per fare solo alcuni nomi, oltre quelli già citati: Antonio Bassolino, Rosa Russo Iervolino, Luigi de Magistris, Gaetano Manfredi, Roberto Fico, Nino Daniele, Maurizio de Giovanni, Erri De Luca, i lavoratori della ex Wirhpool di Napoli, Lucia Valenzi, Massimo Villone e tanti altri.
Inoltre, il libro è impreziosito dalle fotografie provenienti dall’archivio Gianmaria Lembo e dalle opere grafiche di Vittorio Avella, Hella Berent, Massimo Bucchi, Lello Esposito, Cristian Leperino, Alaa Eddin Ahmad, Cyop e Kaf, Gabin Dante e Giuseppe Cuccurullo.
Per saperne di più sul volume, contattiamo telefonicamente il politologo Francesco Amoretti, figlio di Antonio e curatore dell’antologia che, nel suo contributo d’apertura all’opera, racconta anche la genesi di questo progetto e l’immediata e ampia adesione ricevuta dai tanti che condividevano le idee e le preoccupazioni del padre.
La Barricata è un volume a più voci fortemente voluto da suo padre, Antonio, partigiano da sempre impegnato in una lotta “culturale” per la difesa dei valori dell’antifascismo. Cosa vorrebbe che comunicasse ai lettori questo volume, oggi che suo padre non c’è più? Chi è o dovrebbe essere il lettore “ideale” di questo libro?
Consapevolezza storica, innanzitutto, per arginare la deriva che stiamo vivendo. Per rivitalizzare il nesso tra passato e futuro che solo la cura e il rispetto della memoria garantisce. Evitare il doppio rischio, inevitabile con il trascorre del tempo e il susseguirsi delle generazioni, dell’oblio e delle vuote ritualità, delle routine celebrative che, nel mentre esaltano il passato e la sua memoria come miti identitari di una comunità, in realtà non raggiungono più i cuori dei cittadini, soprattutto dei più giovani. Il lettore “ideale” è forse proprio quello che, anche inconsapevolmente e in maniera confusa, è alla ricerca di una bussola per (ri)cominciare un cammino, per sperare, agendo, nel futuro. Auspico che siano in tanti coloro che avvertono che è tempo di non stare a guardare.
Che senso ha parlare di Resistenza ancora oggi? Esiste ancora un pericolo di “rigurgito fascista” in Italia?
Se consideriamo quello che sta accadendo, non solo in Italia ma nel mondo intero, è necessaria una nuova Resistenza. Sia chiaro: noi italiani non abbiamo fatto i conti fino in fondo con il fascismo. Proprio per questa ragione, cogliere il pericolo fascista in qualche sparuta marcia di nostalgici o in chi indossa la camicia nera, sarebbe un errore gravissimo. Non aiuterebbe a mettere a fuoco qual è la sfida, la sua portata, e quali i terreni su cui la nuova Resistenza può e deve esprimersi. E’ un lavoro innanzitutto di analisi delle condizioni attuali di produzione delle forme del potere, dei linguaggi che esso adotta, della composizione della struttura sociale e delle forze in gioco, ecc… Occorre un immane impegno culturale, soprattutto, per provare a dare le risposte adeguate alla portata dei cambiamenti in corso.
Nella sua introduzione al libro, lei ricorda l’importanza della divulgazione dei valori antifascisti ai più giovani, anche attraverso gli incontri con gli studenti a cui suo padre partecipava spesso. Crede che la generazione Z, che vive in un mondo digitale e “distratto”, possa comprendere appieno il valore e la memoria dell’antifascismo? Come possiamo risvegliare la memoria, in quest’epoca di drammatica indifferenza all’altro?
Questo è uno dei crucci, direi la preoccupazione principale, di mio padre. Una preoccupazione che viene da lontano, come potrei documentare riportando alcune sue prese di posizione e dichiarazioni che risalgono almeno a 15 anni fa. Il rapporto con le scuole, con gli studenti, era per lui essenziale: e gli studenti lo ascoltavano con grande interesse e curiosità. Sapeva trasmettere loro, con la testimonianza della sua vita prima ancora che con le parole e i racconti, il senso di un’esperienza di lotta e di impegno civile e politico. Aggiungeva, però, che un ruolo chiave lo svolgevano i docenti: questo è l’anello, diceva, che rende possibile la trasmissione della memoria da una generazione all’altra. Sulla questione che lei pone, quella della generazione Z, nel libro ci sono le riflessioni acute di Mario Morcellini. Anche se la comunicazione appare scavare un solco profondo, rendere impraticabile la cura della memoria, in realtà c’è un margine di azione significativo che proprio i media, e un particolare utilizzo dei media digitali, rendono possibile, nelle forme e con i codici che ad essi appartengono. Non tutto è perduto, dunque, purché si sia consapevoli, di nuovo, della portata della sfida. Se, invece, ci ostiniamo a riproporre soltanto modalità e forme espressive e di rappresentazione della storia – e della memoria – che appartengono, per così dire, all’analogico, perdiamo senz’altro la partita. C’è da fare i conti con la realtà, non sottrarsi ad essa, trovando rifugio in ciò che meglio conosciamo e ci rassicura.
Sono tantissimi i contributi a questo testo – contributi di intellettuali, docenti, attivisti, artisti – ma c’è un contributo che lei ama particolarmente? Per quale ragione?
E’ per me difficile rispondere. Ogni contributo ha una sua bellezza e un suo specifico valore: di testimonianza, di analisi, di ricostruzione e problematizzazione. Il significato delle Quattro Giornate di Napoli viene non solo contestualizzato, ricondotto alle coordinate spazio-temporali che le conferiscono, appunto, rilevanza storica e cifra politico-culturale, ma riattualizzato: che era quello che mio padre cercava e chiedeva, innanzitutto a se stesso. A questa domanda, che attraversa le pagine del libro e che ispirano le incisioni confluite nella cartella edita dal Laboratorio di Nola, ciascuno a provato a dare una risposta, secondo le proprie prospettive e sensibilità. Tuttavia, fatta questa premessa, mi piace ricordare il contributo degli operai della ex Whirpool di Napoli. Mio padre andò a portare la solidarietà sua personale e come Presidente dell’ANPI provinciale di Napoli durante l’emergenza pandemica a quei lavoratori in sciopero: una foto pubblicata nel libro lo ritrae in quel momento. Le loro parole ci ricordano che le Quattro Giornate hanno ancora molto da dire e avranno sempre qualcosa da dire finché vi sarà da combattere per i diritti, la libertà e la dignità di donne e uomini, di ogni cittadino e di un intero popolo, come è scritto nella nostra Costituzione. Laddove c’è questa battaglia da fare, le giornate del ’43 sono più che mai attuali. E da La Barricata bisogna ripartire.
Il prossimo appuntamento di presentazione La Barricata è per lunedì 16 Ottobre alle ore 17:00 nella Chiesa di SS. Marcellino e Festa a Largo San Marcellino (Napoli).