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Sanremo 2025, soporifera la prima serata, ma con la benedizione papale

La prima serata del Festival scivola via tra prudenza, assenza di polemiche e una musica che non scuote. Dov’è finito il Sanremo che accendeva i dibattiti?

Sanremo 2025, soporifera la prima serata, ma con la benedizione papale

Costume & Società

12 Febbraio 2025

Di: Benito Dell'Aquila

Il festival del dopo Amadeus non decolla, anzi,  una partenza in tono minore, senza scosse, senza sorprese, senza alcun brivido. Addirittura un presagio: l’assenza di Angelina Mango, vincitrice dello scorso anno, che come da tradizione avrebbe dovuto esibirsi con “La Noia”, si può interpretare come un monito.

La prima serata di Sanremo 2025 non ha acceso gli animi, dall’alto possono dormire sonni tranquilli, anzi, probabilmente qualcuno si è addormentato durante la diretta. Solo così, si può spiegare il risultato dello share o, forse, tutti erano incollati nell’attesa che qualcosa accadesse. Il Festival della prudenza fin dal primo minuto, una passerella di canzoni e conduzione “a compito”. Nessun intoppo, nessuna emozione, solo un lunghissimo scivolare verso il nulla, con una rapidità che ha persino fatto chiudere la serata in anticipo. Incredibile, ma vero! Altro che settimana di ferie di Stato per il Festival, nessun orario impossibile, pareva che gli autori avessero un taxi da prendere.

E la musica? Ah, giusto, le canzoni! Quelle ci sono, certo. Hanno stupito, confermato, deluso, a seconda dei casi. Il verdetto della sala stampa ha collocato ai vertici – in ordine sparso – Giorgia, Achille Lauro, Simone Cristicchi, Brunori Sas e Lucio Corsi. Un mix interessante, che però non riesce a scuotere la sensazione di un Festival che non osa, che non turba, che non solleva domande.

E pensare che la musica non è solo musica: è anche cultura, è anche denuncia sociale, è anche impegnata. Ma guai a dirlo. Negli anni, sono stati tanti gli artisti che hanno usato il palco per raccontare ciò che non va nel mondo. Non nel 2025 a quanto pare.

A colpire, il videomessaggio di Papa Francesco. Un intervento che, diciamolo, più che scuotere ha aggiunto un ulteriore strato di solennità sonnolenta alla serata. Non che ci sia nulla di male a parlare di pace, ci mancherebbe. Ma il punto è un altro: se il Papa parla dal videowall, tutto bene; se invece l’anno scorso Ghali dal palco azzarda una riflessione su Gaza, ecco che scatta il comunicato indignato. La solita doppia morale, dove la libertà di parola vale solo quando non disturba nessuno.

E a proposito di guerre, il momento toccante della serata: Noa e Mira Awad che intonano “Imagine”. Emozionante? Coinvolgente? Risolutivo? No. Hanno aggiunto qualcosa al dibattito? No. Potevano metter su lo spettacolino per la pace organizzato dalla mia docente di musica delle scuole medie e il risultato sarebbe stato lo stesso. Nessuna provocazione, nessun pensiero critico, solo una performance, sì, buona, ma senza un plus, affinché qualsiasi tentativo di riflessione rimanesse piatto e banale.

E i conduttori? Carlo Conti fa il suo mestiere con la precisione di un chirurgo, ma senza mai uscire dalla linea tracciata. Se esistesse una lista di dettami da eseguire, probabilmente li ha eseguiti tutti. Gerry Scotti e Antonella Clerici, con tutta la loro spontaneità, cercano di portare un po’ di calore, ma finiscono risucchiati da un’atmosfera già asfittica.

Forse i momenti più emozionanti della serata non sono stati neanche programmati. Il grido di un fan dalla platea a Rose Villain, “Si’ na pret’!”, ha dato più vita al teatro dell’Ariston di quanto abbiano fatto due ore di scaletta. Francesca Michielin, che ha improvvisamente smesso di cantare per poi riprendersi, ci ha fatto sperare in un momento di caos alla Bugo e Morgan, ma nulla. La signora bionda che si lancia su Jovanotti e ci ha fatto sperare in un bacio alla Rosa Chemical e Fedez. Un lampo di imprevedibilità in un mare di programmazione perfetta. E poi Tony Effe: da lui ci aspettavamo di tutto, ma non che si trasformasse in un ex chierichetto sul palco dell’Ariston. Un dissing con Fedez? Una provocazione in stile Achille Lauro? La comparsa a sorpresa di una Ferragni dalla platea? Niente di tutto questo.

Dov’è finito il Sanremo che faceva discutere, che emozionava, che accendeva dibattiti? Puntiamo il dito alla destra di questo paese? Non serve, basta “normalizzare” tutto, incasellare ogni cosa e rendere tutto ovattato per annullare ogni indignazione, ogni ragionamento, ogni pensiero. Eppure, proprio le accuse rivolte a Sanremo negli anni, quelle che gridavano “basta politica sul palco!”, sembrano averlo ucciso. Dove sono i cantanti che sfidano la convenzione? Dove sono le dichiarazioni forti, i gesti simbolici? Persino gli stylist sembrano aver scelto la moderazione, evitando qualsiasi segno distintivo. Nessuna scritta sui glutei alla BigMama, nessuna spilla arcobaleno o di qualsiasi altro colore. Persino la sorella di Brancale, alla direzione del brano della sorella, ci tiene a precisare che preferisce essere chiamata “maestro” e non “maestra”. Peccato, perché tra luci, scenografie e regia, la prima serata era visivamente ineccepibile. Ma l’arte non è solo forma, è anche contenuto. E se il contenuto si svuota per paura di fare rumore, allora il Festival diventa solo un carosello di suoni e luci senza anima.

Prima serata archiviata, dunque. E se queste sono le premesse, meglio prepararsi con un buon caffè per le prossime. Voto? 5