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Sanremo 2025: la sobrietà è colpa di Amadeus

Sanremo 2025: sobrietà apparente, ma dietro c'è la retorica conservatrice

Sanremo 2025: la sobrietà è colpa di Amadeus

Costume & Società

14 Febbraio 2025

Di: Benito Dell'Aquila

Diciamolo chiaramente: la colpa è di Amadeus. Ci ha abituati a un Festival diverso, più pop, più internazionale, più aperto, complice anche l’anno della pandemia che ci ha inchiodati ai divani e resi spettatori di un evento rinnovato. Un’apertura alla pluralità e ai giovani che tornano a guardarlo con piacere. Sanremo era diventato un fenomeno culturale trasversale, in grado di intercettare il linguaggio dei social, dei meme, del Fantasanremo, con la musica come filo rosso di un circo ben congegnato, con il sogno dell’Eurovision e i Maneskin, che per un attimo ci hanno fatto credere davvero. Ma la memoria è corta, e ora l’aria è cambiata.

Con Carlo Conti tutto scorre più lineare, senza sbavature. Qualcuno davvero temeva che la Rai avrebbe affossato Sanremo con il piglio severo di Severus Piton quando prende il controllo di Hogwarts? Ingenui. Qui i soldi contano eccome, e nessuno si sognerebbe di mandare in frantumi un meccanismo che funziona. No, l’obiettivo non è distruggere Sanremo, ma ridimensionarlo. Renderlo sobrio, contenuto, ripulito dagli eccessi.

Sobrietà o narrativa sottile?

Ma siamo sicuri che sia davvero solo una questione di sobrietà? O forse c’è una narrazione ben precisa che si sta insinuando tra le pieghe del Festival, meno urlata ma altrettanto efficace?

La Musica è Tornata Protagonista? (Lo è Mai Stata?)

Il mantra è chiaro: “riportiamo la musica al centro”. Ma chi l’ha mai spostata? Sanremo ha sempre avuto al centro la musica, anche quando era immerso nel trash, nell’intrattenimento, nei tormentoni e nei fenomeni sociali. La musica era al centro anche in quei festival non passati alla storia per la noia. La musica è sempre stata il centro. Dire che ora la musica ha riconquistato il suo posto significa implicitamente dire che prima fosse marginale, il che è una lettura comoda, ma non del tutto corretta. Il Festival ha sempre camminato su due binari: la competizione musicale e lo spettacolo che la circonda. Ora si punta tutto sul primo e si ridimensiona il secondo. Una scelta o una strategia? E poi… perché? Cos’è che infastidiva?

Il Potere degli Artisti, Cantanti e Ospiti

È davvero ingenuo pensare che artisti, cantanti e ospiti non possano fare la differenza con le loro parole. Chi lavora nel campo della comunicazione dovrebbe saperlo bene: un volto noto, una persona famosa e amata, un testimonial, ha un potere enorme nel sensibilizzare e influenzare le masse. Ormai anche i tiktoker, come Rita De Crescenzo, sono in grado di veicolare messaggi e azioni che raggiungono migliaia di persone. Eppure, c’è ancora chi preferisce nascondersi dietro la retorica dei “famosi e ricchi” che parlano, sostenendo che il vero cambiamento debba partire solo dal basso.

Monologhi? No, Grazie

Che piacessero o meno, che fossero banali o d’effetto, i monologhi si integravano al Festival. Toglievano spazio alla musica? Sì, un poco, ma offrivano l’opportunità di dibattito, di confrontarsi, anche tra chi aveva visioni opposte. E ora? Silenzio. Perché? Per abituarci all’idea che non bisogna parlare troppo? Perché il silenzio è d’obbligo o perché qualcuno potrebbe sollevare domande scomode?
L’assenza dei monologhi non è una scelta casuale, è una dichiarazione d’intenti. Bisogna evitare di insinuare dubbi e disturbare la narrazione prestabilita. Via i momenti di riflessione, via le voci fuori dal coro. Così però si guadagna tempo sulla scaletta.

I Messaggi Sottotraccia

Oltre i monologhi, Sanremo ha sempre veicolato messaggi. Basta saperli leggere, anche ora.
Rimarchiamo il messaggio per la pace, con il Papa che su Rai Uno lancia il suo appello, seguito dall’esibizione congiunta di Imagine, ma c’è stata una vera e autentica voce palestinese? Se da un lato c’è chi può permettersi di toccare l’argomento, dall’altro chi come Ghali ci ha provato, viene relegato ai margini.
L’Amerigo Vespucci porta l’Italia nel mondo. Orgoglio nazionale e giustissimo, il rimarco promozionale all’azione del ministro Crosetto gli concede un profumo di propaganda.
Poi c’è la celebrazione delle madri, dei bouquet da sposa, degli auguri di matrimonio. Un simbolismo che, nella sua spontaneità, rievoca un’idea di società un po’ vintage. Nulla di eclatante, ma un sottotesto che non passa inosservato.
E l’omosessualità? Rappresentata da Cristiano Malgioglio, con i suoi eccessi bizzarri che lo rendono rassicurante per un certo tipo di immaginario stereotipato. Un ruolo che, per anni, la comunità LGBTQ+ ha cercato di scardinare, offrendo una rappresentazione più variegata e autentica. Eppure, ancora una volta, ci si rifugia nella macchietta rasserenante, che non urta, che non crea troppi interrogativi. Mentre altre voci, ben più rappresentative, restano sullo sfondo. Lontani anni luce da Drusilla Foer e dal suo immaginario colto e sofisticato, capace di sfidare con garbo e intelligenza le convenzioni. Qui si preferisce restare nella comfort zone del già visto e già accettato.

Cristiano Malgioglio (Photo by Marco Alpozzi/LaPresse)

Share da Record? Con un Asterisco

Si parla di ascolti che superano i record, ma attenzione ai numeri. Il confronto con i dati passati, così come rilasciato da Il Fatto Quotidiano, non è immediato. I dati fino al 2024 hanno tenuto conto solo della fruizione televisiva, quest’anno sono stati conteggiati anche la fruizione on-demand e il traffico internet. Sanremo resta un evento seguito, ma gradimento e audience non sono sinonimi. Si può guardare un programma e non amarlo, si può essere spettatori senza essere coinvolti.

Mancano ancora due serate e ci sono ospiti (Benigni, Cucciari e Mahmood) che, forse, potrebbero sparigliare le carte. Ma fino a questo punto, Sanremo 2025 è stato un Festival all’insegna della sobrietà. Ciò non è un male. Lo diventa, però, quando la sobrietà è solo un alibi per mettere a tacere altro.
Buona conduzione, ottima gestione, ma con un leggero sentore di “Dio, patria e famiglia”. In una versione aggiornata, certo. Ma pur sempre quella.