La Cassazione inchioda la destra: “padre e madre” è solo ideologia, la famiglia è fatta di genitori
La Cassazione sbugiarda la destra: la famiglia non si riduce alla retorica di “padre e madre”, ma si riconosce nei legami veri. Basta ideologia.

La Cassazione ha parlato chiaro: sulla carta d’identità dei minori devono comparire “i genitori”, non “padre” e “madre”. Con due sentenze consecutive, la Suprema Corte smonta l’impianto ideologico eretto dal Viminale nel 2019 e confermato dal governo Meloni. Il decreto Salvini è stato definito «discriminatorio», «irragionevole» e persino «falso ideologico» in uno dei ricorsi.
Il caso nasce dalla battaglia legale di una coppia di madri, supportata da Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno. Il documento del figlio indicava una delle due come “padre”. Una distorsione non solo grottesca, ma illegale. I tribunali – prima quello di Roma, poi la Corte d’Appello – le avevano già dato ragione. Ora anche la Cassazione chiude il cerchio: quel decreto viola la dignità delle famiglie e la verità anagrafica.
Eppure, Salvini continua a difenderlo come “un piccolo segnale”. E Meloni, dal palco nel 2019, urlava: «Io sono madre, non genitore 1». Peccato che “genitore 1 e genitore 2” non sia mai esistito nei documenti italiani. La dicitura era semplicemente “genitori”. E questo bastava – e basta – a tutelare tutte le famiglie.
Il governo, pur sapendo di avere torto, ha tirato dritto: nel 2024 ha autorizzato un ricorso in Cassazione che ora viene definito “inammissibile e infondato”. E perde anche sulle spese processuali.
Ma c’è un problema: le sentenze valgono solo per i due casi giudicati. Il decreto Salvini, nonostante tutto, è ancora in vigore. Ogni famiglia dovrà ancora fare ricorso per vedere riconosciuti i propri diritti.
Nessuna famiglia deve essere invisibile
dichiarano le associazioni. «L’unica soluzione è l’annullamento definitivo di quel decreto ideologico». E oggi, a dire che quel decreto è sbagliato, non sono solo le piazze o le famiglie arcobaleno. È la Corte di Cassazione.
