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‘L’ultimo dei bugiardi’, Meta cancella le politiche a favore dell’inclusione. Apple prende le distanze

Il colosso americano elimina la figura dei fact checker per la verifica delle informazioni postate

‘L’ultimo dei bugiardi’, Meta cancella le politiche a favore dell’inclusione. Apple prende le distanze

Eventi, News

14 Gennaio 2025

Di: Radio Pride

di Francesca Saccenti

Meta si allinea a Trump e Musk

Il vento negli Stati Uniti sta cambiando e rischia di arrivare anche in Europa, a poche settimane dall’arrivo del nuovo inquilino della Casa Bianca, Donald Trump. Il colosso del tech a stelle e strisce, Meta, di cui fanno parte Instagram, WhatsApp, Facebook e Threads ha abbandonato i programmi DEI ‘Diversity, Equity and Inclusion’, a favore di dipendenti e fornitori. Mark Zuckerberg ha seguito le orme dei suoi predecessori, come il patron di Tesla Elon Musk e il magnate di Amazon, Jeff Bezos, che una settimana prima delle elezioni aveva impedito al giornale di cui è editore, ‘The Washington Post’, di pubblicare notizie sull’avversaria in lizza alla presidenza, la democratica Kamala Harris. Dopo McDonald’s e Walmart è il turno di Meta che elimina negli Stati Uniti le quote per la diversità e l’inclusione, considerate troppo “antiquate” rispetto agli scenari attuali. Si tratta di iniziative aziendali (assunzioni e corsi di formazione) a sostegno dei lavoratori di diversa etnia, genere, orientamento sessuale e background culturale, introdotte sulla scia delle proteste di Black Lives Matter del 2020, dopo l’omicidio di George Floyd a Minneapolis. Una scelta, che l’ex presidente Joe Biden ha liquidato come “vergognosa”, e che ha già mostrato i primi ‘caduti  sul campo’ nella società della Silicon Valley: Roy Austin, il vicepresidente per i diritti civili, si è dimesso. In passato la carenza di diversità razziale e di genere sul luogo di lavoro di Meta è stata un tema di discussione e si è corsi ai ripari contrastandola con politiche ad hoc. Secondo i dati ufficiali dell’ultimo rapporto l’azienda aveva raddoppiato il numero di dipendenti neri e ispanici negli Stati Uniti rispettivamente dal 3,8% e 5,2% al 4,9% e 6,7%.

Il caso Apple

Apple si muove in controtendenza. È delle ultime ore la notizia che il ‘gigante di Cupertino’, di cui è amministratore delegato Tim Cook, ha respinto la proposta di abolire le politiche DEI, ponendo di fatto una distanza con gli altri titani del tech. Secondo il think tank conservatore, National Center for Public Policy Research, mantenere i programmi di inclusione potrebbe esporre Apple a possibili cause legali indebolendone la posizione nel mercato. Complice del dibattito una recente sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha dichiarato incostituzionali le pratiche DEI nelle ammissioni all’università, in quanto in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dal XIV emendamento della Costituzione americana. Un precedente, che secondo l’istituto di ricerca conservatore, potrebbe portare sulla scrivania di Apple contenziosi per miliardi di dollari. Ma la società scuote la testa. Come si legge in una nota “dispone già di un programma di conformità consolidato, in grado di gestire al meglio le proprie operazioni e politiche interne”.

Il fact checking

C’è un film del 2009, il protagonista della storia è il comico britannico Ricky Gervais. La trama è ambientata in un mondo distopico in cui le persone sono ‘condannate’ a dire sempre la verità, finché un giorno lo sceneggiatore Mark Bellison scopre il fascino della menzogna e diventa ‘Il primo dei bugiardi’. L’abolizione delle figure dei fact checker da parte di Meta, gli addetti al controllo per la verifica delle informazioni postate da piattaforme come Facebook e Instagram, invita alla riflessione: come faremo a distinguere una ‘bufala’, una fake news, da una notizia reale? La risposta è semplice, non si potrà. A sostituire il fact checking ci sarà un sistema chiamato ‘Community Notes’, che darà la possibilità agli utenti di aggiungere informazioni sotto a tweet, video e fotografie, che in alcuni casi potrebbero risultare fuorvianti. Un meccanismo che strizza l’occhio a quello già adottato dal social X. Pensiamo – seppure con le dovute differenze – all’affaire di Cambridge Analytica nel 2018. La società di consulenza britannica fu accusata di avere raccolto dati personali di 87 milioni di account Facebook senza il consenso dei fruitori, usandoli probabilmente a scopi di propaganda.

Il problema del potere che si muove in acque torbide, che decide di non porre filtri e limiti alle menzogne è alla base della dittatura del web. Che fine faranno i diritti già acquisiti minati dall’assenza del fact checking e delle politiche DEI: si tornerà indietro rispetto alle lotte razziali e ai moti di Stonewall della comunità LGBTQIA+? Senza potere di verifica la storia degli immigrati haitiani che mangiano i gatti e i cani, diffusa attraverso i social e poi aizzata dalle parole di Trump, rischia di diventare l’emblema di come la difficoltà di discernere una notizia vera da una fake news, sia un compito arduo. Se il potere prende il controllo il primo dei bugiardi, come nel film di Gervais, non sarà neanche l’ultimo. Ma il primo di una lunga serie.

 

Francesca Saccenti giornalista e videomaker napoletana. Dopo aver preso il tesserino da professionista inizio a collaborare con quotidiani e riviste (Roma, La Repubblica, Lettera43). Dagli articoli alle inchieste (Striscia la notizia, NapoliToday e Tv Luna), dai reportage alle recensioni fino alle riprese e al montaggio, mi occupo di video e articoli di approfondimento, spot e progetti sociali.