Più visite obbligatorie per le persone trans: ipotesi nuovo registro sulla disforia di genere
Cinque sedute psichiatriche prima di accedere alle terapie ormonali. Converti(Amigay): “L’elenco è una prassi. Se, invece, l’idea è quella di creare una schedatura ad hoc sarebbe gravissimo e discriminatorio per la comunità LGBTQIA+”

Un registro sulla disforia di genere potrebbe vedere la luce durante l’anno?
Al momento non è chiaro se si tratterà di una schedatura ad hoc per le persone LGBTQIA+ in fase di transizione o semplicemente di un sistema già in vigore all’interno dei centri sanitari e valido per tutti i pazienti. In queste ore il governo Meloni sta lavorando a nuove misure, l’unica certezza sulla carta sembra essere quella contenuta nel principio guida, che si occuperà di “misurare le conseguenze delle terapie sul lungo periodo” e di uniformare le autorizzazioni delle strutture sanitarie. “In una situazione di caos e di cattiva informazione le associazioni LGBTQIA+ hanno attaccato la scelta del governo etichettandola come filo-nazista, senza considerare che la schedatura è una prassi già prevista – spiega a RadioPride Manlio Converti, psichiatra e presidente di Amigay aps (Associazione Italiana Medici e Personale LGBTQIA+) -. Il registro non è una novità, è la norma. Noi medici lo compiliamo abitualmente per i nostri pazienti nel rispetto della privacy. Se non effettuassi la trasmissione, come psichiatra non potrei tenere sotto controllo i dati epidemiologici e garantire l’appropriatezza della cura, che rappresenta anche un meccanismo di vigilanza della spesa pubblica. Non dovrei farlo per un farmaco delicato come la triptorelina (un medicinale di sintesi che inibisce la produzione di ormoni sessuali maschili e femminili, bloccando la pubertà)? Sarebbe assurdo. Se, invece, l’idea è quella di creare un secondo elenco solo sulla disforia di genere sarebbe grave e discriminatorio, ma non abbiamo elementi per parlarne, dobbiamo aspettare”.
Manlio Converti(primo a sinistra)
Nella schedatura – secondo le indiscrezioni del quotidiano Il Giornale – verranno raccolti e trasmessi i dati non solo dei minori in trattamento con i bloccanti della pubertà, ma anche delle persone adulte che accedono alle terapie ormonali. Ad anticipare la decisione Gian Vincenzo Zuccotti, ordinario di Pediatria presso l’Università Statale di Milano e membro del tavolo tecnico interministeriale: “Il registro sarà molto utile per verificare le prescrizioni e il percorso, un monitoraggio necessario”.
Daniela Lourdes Falanga, intervento in una scuola
“Siamo oggetto di un’attenzione morbosa e violenta da parte dell’esecutivo e di una certa narrazione mediatica. Se il governo avesse davvero l’intenzione di creare un secondo registro sanitario ostracizzando e ghettizzando la comunità trans, noi faremo sentire la nostra voce. È necessaria un’interpellanza parlamentare. Quello che è avvenuto all’ospedale Careggi di Firenze ha già mietuto delle vittime e sta rendendo molto complicati i percorsi di affermazione di genere delle persone minori“, ci spiega l’attivista Daniela Lourdes Falanga del direttivo Antinoo Arcigay Napoli.
La regola delle 5 sedute psichiatriche
“L’incongruenza di genere non è una malattia mentale. Il governo non può negare il diritto di autodeterminazione di una persona anche se minore – continua Falanga -. Noi ci battiamo per la totale depatologizzazione, attraverso l’eliminazione della diagnosi ognuno deve decidere da sola/o cosa fare del proprio corpo. E la cosa non deve essere sottovalutata minimamente quando si tratta minorenni, che vogliono psichiatrizzare“. Elemento di discordia tra il governo e le associazioni sarebbe l’introduzione di cinque visite psichiatriche obbligatorie prima di accedere alle terapie ormonali. “La verità è che regna la confusione. Attualmente in Italia sono previste da 1 a 5 sedute, mentre negli Stati Uniti da 1 a 3. Non si capisce a quale fasce di età facciano riferimento le future disposizioni – continua Converti –. Come medico credo che la valutazione vada fatta sul singolo individuo, caso per caso, senza generalizzazioni. Standardizzare le procedure e fissare delle scadenze prestabilite non avrebbe senso. La terapia riparativa è inaccettabile, così come mettere in dubbio gli effetti della triptorelina: è un farmaco usato dal 1984 sui minori anche prepuberi o meglio con pubertà precoce. Facciamo informazione e riflettiamo piuttosto sui presidi sanitari, sono troppo pochi per gestire le persone gender variant e poi mancano altri elementi essenziali per eliminare ogni persecuzione sanitaria e garantire la raccolta di dati epidemiologici per conoscere i nostri bisogni anche in cardiologia, oncologia, pediatria e in altri ambiti vitali”.
