Resistenza e antifascismo, un argine contro la violenza dell’estrema destra
Ospitiamo la riflessione del professore Massimo Arcangeli sulla pericolosa avanzata dell'estrema destra e delle violenze neofasciste. Dieci e più ragioni per dichiararsi antifascisti
di Massimo Arcangeli
Gli ennesimi casi di omofobia di questi ultimi giorni a Milano (aggressioni verbali e un pugno in faccia: vittime due diverse coppie gay), Roma (botte, minacce, insulti, da parte di un branco di giovinastri, a due ragazzi che si tenevano mano nella mano) e Bologna (il messaggio minatorio affisso sulla porta della storica sede dell’associazione Il Cassero alla Salara: “SPAZI LIBERI VIA TUTTI I FROC*”) sono legati a doppio filo ai venti fascisti che sono tornati a soffiare nel nostro paese per effetto di una pericolosa avanzata dell’estrema destra, anche governativa.
Gli autori di quelle aggressioni si sono sentiti in un certo senso legittimati a compierle, quasi avvertissero di essere “protetti” dal riaffacciarsi delle ideologie (e dei simboli annessi) neofasciste e neonaziste che stanno montando anche in altri paesi europei: si commenta da sé la nascita della coalizione di estrema destra voluta da Viktor Orbàn e composta dalla Lega di Matteo Salvini, dal Rassemblement National di Marine Le Pen e di Jordan Bardella, dagli spagnoli di Vox di Santiago Abascal, dagli olandesi del Partij voor de Vrijheid di Geert Wilders, dai portoghesi di Chega di André Ventura, dagli austriaci del Freiheitliche Partei Österreichs e da altre formazioni minori. Una deriva che non ha risparmiato gli Stati Uniti, dove un ex presidente è stato rieletto non NONOSTANTE il fatto che sia dichiaratamente suprematista e razzista, e il più sessista e omofobo presidente americano di sempre, ma proprio PERCHÉ omofobo e suprematista, sessista e razzista. A non tener conto dei tentativi di Elon Musk di ingerirsi prima nella politica italiana e poi in quella tedesca per far sterzare Italia e Germania proprio verso l’estrema destra. Musk è la più compiuta espressione di una nuova oligocrazia tecnocratica che vuol mettere le mani sull’intero pianeta: un soggetto molto pericoloso per il futuro destino della democrazia e per ogni più elementare principio di sovranità nazionale, l’ultima manifestazione del riaffacciarsi di ideologie sopraffattrici o totalitarie, nelle loro più diverse forme, un po’ ovunque nel mondo.
Da noi sono già iniziate le epurazioni, e si è dichiarato senza tanti complimenti il diritto di schiacciare le minoranze sotto il peso di una presunta “legge” della maggioranza.
Il soffocamento delle minoranze
Un generale dell’esercito, Roberto Vannacci, ha avuto il coraggio di rivendicare il diritto di odiare e disprezzare le minoranze “non normali” (leggi: omosessuali), attestandosi a sua volta come l’espressione più eclatante di un’estrema destra omofoba che repelle perfino ai Patrioti di Orbán e Le Pen. Ed è grottesco che quel generale, dopo il rigetto del ricorso contro la sospensione di 11 mesi con cui l’avevano punito i vertici militari per aver leso l’onore delle Forze Armate con i contenuti del suo libro Il mondo al contrario, prospetti tramite il suo legale l’eventualità di portare la questione alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo quando quei diritti, quelli delle minoranze da lui giudicate “non normali”, li ha calpestati lui per primo.
Le epurazioni
Un deputato leghista, Rossano Sasso, ha chiesto alla Ministra dell’Università di sospendere il corso di un ricercatore universitario, Federico Zappino, e la Ministra ha risposto con un’ispezione, estesa anche all’ateneo di Roma Tre, in palese contrasto con l’art. 6 della Legge del 9 maggio 1989, n. 168, sull’autonomia universitaria (scientifica e didattica) e con l’art. 33 della Costituzione: la “colpa” dei due atenei, agli occhi di Rossano Sasso e di Anna Maria Bernini, consisterebbe nella diffusione dell'”ideologia gender” e delle “teorie queer“. In risposta l’8 gennaio 2025, alle 11.30, è stata indetta, presso la Sala stampa della Camera dei deputati (Palazzo Montecitorio, via della Missione 4, Roma), una conferenza stampa scaturita da un’interrogazione parlamentare richiesta da oltre 100 docenti universitari, e caricata sulla piattaforma Change.org (per chi fosse interessato ad aggiungersi ai primi firmatari: https://www.change.org/p/la-carica-dei-121-difendiamo-l-autonomia-universitaria), già firmata da oltre 300 persone e accolta e depositata dalla deputata cinquestelle Gilda Sportiello, con la quale io e Antonello Sannino, in collaborazione con l’associazione GiULiA Giornaliste e con l’Università per Stranieri di Siena, abbiamo organizzato l’incontro.
Resistenza e antifascismo
È giunto il momento, se vogliamo difendere i valori della democrazia, di intraprendere un’azione di resistenza cominciando a dichiararci apertamente antifascisti, senza se e senza ma, contro i mille volti di un’onda nera che in Italia ha potuto rialzare la testa perché il nostro paese non ha ancora fatto seriamente i conti col Ventennio. Ultimi segnali fra i più preoccupanti la manifestazione “fascistissima” di Bologna del 9 novembre 2024, a due passi dalla stazione della strage del 2 agosto 1980; i fatti di Brescia (un insegnante preso a pugni da un gruppo di giovani neofascisti che non hanno gradito le sue risposte alle loro domande sul Duce e sul Ventennio) e di Lauria inferiore, in provincia di Potenza (con la conseguente denuncia, in questo secondo caso, per apologia del fascismo per le faccette nere e le braccia alzate); la vigliacca aggressione (20 luglio 2024) degli squadristi di CasaPound ad Andrea Joly, un giovane giornalista del quotidiano “La Stampa”, davanti al circolo torinese Asso di Bastoni, abituale ritrovo del movimento di estrema destra, mentre era in corso di svolgimento la “Festa della Torino Nera” per i 16 anni del circolo fra i soliti cori nostalgici e le solite braccia alzate. Il giornalista, pur non essendo in servizio, stava scattando foto e girando riprese sull’evento, e al rifiuto di consegnare agli aggressori il suo smartphone è stato gettato a terra e preso ripetutamente a calci e a pugni. Uno gli ha messo anche le mani al collo, stringendoglielo per una decina di lunghissimi secondi. Una vicenda che rende non più rinviabile lo scioglimento di tutte le associazioni neofasciste e neonaziste presenti nel nostro paese a partire da Forza Nuova e dalla stessa CasaPound. E venga vietato, una volta per tutte, il raduno del prossimo 7 gennaio, il solito alibi per neofascisti e neonazisti per tornare ad alzare braccia e a inneggiare al regime con la scusa della commemorazione della strage del 1978. Anche il 7 gennaio 2024, coi tre volte “Presente!” accompagnati dal braccio teso (di qui le decine di indagati, sempre per apologia del fascismo, fra i militanti di Casapound), si è ripetuta la vergognosa pantomima per l’uccisione, davanti alla sede del Movimento Sociale Italiano ubicata in quella via, di tre militanti missini. Il sindaco Gualtieri si decida anche a rimuovere la croce celtica in bella mostra dal 2017, l’anno in cui fu realizzata e messa lì, nel piazzale antistante quella sede.
aggressione di CasaPound ad Andrea Joly
A quelle già indicate aggiungo di seguito altre dieci ragioni per dichiararsi antifascisti.
LA REPRESSIONE DEL DISSENSO
Un insegnante, Christian Raimo, sospeso per tre mesi dal Ministero dell’Istruzione per aver attaccato Giuseppe Valditara, con quest’ultimo che, come in una tragicommedia dell’assurdo, dichiara la sua totale estraneità alla decisione del competente Ufficio Scolastico Regionale di sanzionarlo. Il prossimo passo, già dietro l’angolo, potrebbe essere il licenziamento in tronco di qualunque dipendente pubblico osi criticare il Governo e i suoi rappresentanti.
LA MANIPOLAZIONE DEL LINGUAGGIO
L’antifascismo scambiato per comunismo, quando non venga rinfacciato come un insulto o come qualcosa di cui doversi vergognare, per cui se ci si dichiara antifascisti si è additati automaticamente come “rossi” o “sinistri”.
L’ATTACCO ALLA COSTITUZIONE
Il fascismo conclamato, quando non venga addirittura rivendicato, inteso come legittima difesa della libertà di pensiero e di espressione in aperta violazione dei valori e dei principi ispiratori del dettato costituzionale.
L’IMPUNITÀ PER I NOSTALGICI E GLI “ORGANICI” AL SISTEMA
Un direttore alla guida degli approfondimenti giornalistici della Rai, Paolo Corsini, che ha postato indisturbato cose come “Abbasso il NATALE, plutocratico e borghese! Viva la BEFANA, popolare e fascista! AUGURI” e non è stato ancora rimosso dal suo incarico. È lo stesso che, in altri post e relativi commenti, ha riprodotto i gridi di guerra del Ventennio (“Alalà!”) e riportato versi di un canto repubblichino; ha condiviso affermazioni di Mussolini ed esaltato Putin; si è divertito ripetutamente a provocare, il 25 aprile, dicendo di essere al lavoro (nel 2016 ha sfoggiato anche una bella camicia nera); ha augurato il Buon Solstizio il 21 dicembre – l’ha fatto anche in questo caso tante volte –, a celebrazione del Natale nazista; ha pubblicato un post, al tempo della pandemia, a commento di una celebre poesia di Trilussa sul saluto romano (scrive: “…Di questi tempi sempre più attuale!”), con tre figurette col braccio teso; è andato a sentire in ben due occasioni, il 4 e il 24 novembre 2016, al Piper di Roma i 270bis di Marcello De Angelis, che non mancarono allora di eseguire, nella selva delle braccia tese dei presenti, un classico del loro repertorio nostalgico (Claretta); è arrivato a farsi fotografare nel suo studio di vicedirettore del Giornale Radio con due bei fasci littori in bella mostra sul suo tavolo, a incorniciare il suo nome e cognome e tre anni dopo la pubblicazione di quella foto, condividendo lo scatto in qualità di ricordo, commentò spavaldo, per sollecitare l’attenzione dell’uditorio sull’ambientazione fascista (“Vabbe’, ma da voi mi aspettavo qualche commento sul… contorno“).
Una sottosegretaria, Paola Frassinetti, che frequenta abitualmente una cascina neonazista in provincia di Varese, la Corte dei Brut (interrogata sull’argomento da un giornalista, nega perfino di conoscerla), e rimane a sua volta al suo posto. Padroni di casa della Corte dei Brut, familiare anche a Johannes Bickler, nipote dell’ex SS Hermann Bickler, e all’ex-terrorista missino Maurizio Murelli, condannato in terzo grado a 18 anni di reclusione per concorso nell’omicidio dell’agente di polizia Antonio Marino nel “giovedì nero” milanese del 12 aprile 1973, sono Ines Pedretti, il nazifascista Rainaldo Graziani e Alice Greta. Quest’ultimo è lo pseudonimo usato sui social da Alice Murgia, la figlia di Ines Pedretti, dal 2018 assistente parlamentare di Frassinetti e dal 10 novembre 2022 sua segretaria particolare presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito.
IL CONTROLLO DELL’INFORMAZIONE
La longa manus del governo Meloni sulla Rai, fra censure (come per il caso Scurati, quello del monologo sulla Festa della Liberazione che il 20 aprile 2024 Antonio Scurati avrebbe dovuto leggere in prima serata su Raitre a Chesarà…), pesanti pressioni e occupazione di tutti i posti chiave nell’organigramma della televisione di Stato. Non è un semplice spoil system all’americana, il solito cambio di poltrone nel passaggio da un esecutivo all’altro, ma è proprio Telemeloni. Con l’aggravante dei ripetuti attacchi portati dalla premier al giornalismo indipendente o “non organico” in forza dell’idea di un’informazione di regime intesa come portatrice di interessi (stakeholder). Che è poi quella incarnata proprio da Paolo Corsini, il quale, parlando di “orgoglio italiano” nel corso della kermesse di Atreju del 2023, ha rivendicato pubblicamente, senza neanche un filo d’imbarazzo, la sua affiliazione al partito di Meloni. In quell’occasione (14 dicembre) Corsini dichiarò di essere tuttora militante di Fratelli d’Italia, definendolo “il nostro partito”. Ed è lo stesso Corsini che, in un post del 9 ottobre 2012 ha riportato questo brano di Mussolini: “Il giornalismo non è per noi un mestiere ma una missione: non siamo giornalisti per lo stipendio, in questo caso non ci sarebbero mancati posti migliori. Il giornalismo non è per noi un foglio che voglia essere riempito settimanalmente con quello che capita. No, il giornale è per noi un partito, è una bandiera, è un’anima”.
LE LISTE DI PROSCRIZIONE
Uno (Italo Bocchino) che scrive un ibro propagandistico e mistificatore in cui Alcide De Gasperi viene fatto passare per un politico di destra e Alessandro Natta per un fascista; altri due (Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato, e Arianna Meloni) che propongono di distribuire e adottare quel libro nelle scuole (perché smaschererebbe le bugie della sinistra); alcuni dipendenti della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma che protestano per la presentazione del volume alla GNAM e la neodirettrice del museo, Renata Cristina Mazzantini, che segnala quei lavoratori al Ministero della Cultura e ad altre, non meglio precisate, “autorità competenti; un viceministro della Repubblica in quota Fratelli d’Italia (Edmondo Cirielli), e per giunta rappresentante di un Ministero di peso (gli Esteri), che durante la presentazione di quel libro elogia la “libertà” del regime fascista.
Il RAZZISMO E L’ANTISEMITISMO
Un’orda di pericolosi nostalgici, e di altrettanto pericolose nuove leve, che inneggiano senza tanti complimenti al fascismo e al nazismo, antisemitismo compreso, sui social e per le piazze e per le strade, oltreché all’interno dei circoli di Gioventù Nazionale, la galassia dei giovani militanti di Fratelli d’Italia eredi del Fronte della Gioventù e di Azione Giovani. Circoli come “Casa Italia” al Pincio, in cui va in visita anche Arianna Meloni, capeggiata da quella Flaminia Pace che, come Corsini e Frassinetti, è ancora al suo posto malgrado i proclami di “ripulitura” interna della premier. Flaminia Pace è quella che ha detto “Io so’ fascista”, “Gli altri li danno ai negri, noi lo diamo alle famiglie italiane” (si parlava di prodotti alimentari), “i fascisti del 2024: aborto solo se da un nigeriano” (altrimenti il bambino lo si tiene); i suoi dicono invece “Siamo proprio fascisti”; cantano “Siamo camerati, mica poveri coglioni”, “Legionari siam di Mussolini, / a noi la morte non ci fa paura. / Ce ne freghiamo della galera, / camicia nera trionferà. / Se non trionfa sarà un macello / col manganello e le bombe a man. DUCE, DUCE, DUCE”; salutano al grido di “Sieg Heil” o con l’immancabile braccio alzato. È ancora al suo posto anche Ilaria Partipilo, presidente di Gioventù Nazionale per la provincia di Bari e collaboratrice del deputato Giovanni Donzelli, responsabile organizzativo nazionale di Fratelli d’Italia. Lei, in una chat condivisa con altri militanti meloniani, posta foto di Hitler e di Mussolini e scrive di un “negro“, di un “ebreo infame” e di “down […] menomati“.
LA MAGGIORANZA SILENZIOSA
Quella della nutrita rappresentanza dei giornalisti e delle giornaliste Rai che, tra un like e un complice sghignazzo, pare apprezzare i post e i commenti nazifascisti di Corsini: nessuno che gli mostri un atto, un moto, una parola di disappunto. Quella della mancata reazione indignata ai fischi e agli insulti omofobi (“Gay di merda“, “frocio“, “Ma quando s’ammazza?”) degli studenti romani presenti a una proiezione del film Il ragazzo dai pantaloni rosa, che racconta la storia dell’adolescente vittima di ripetuti atti di bullismo e di cyberbullosmo (nel 2012, non reggendo più, si è ucciso): nessuno degli insegnanti e degli adulti presenti che sia intervenuto né, tantomeno, abbia poi denunciato pubblicamente la cosa. Quella di chi, a due passi dall’esaltato che a Cagliari, nel giorno della commemorazione dei caduti in guerra, saluta col braccio alzato, fa finta di niente (fra esponenti delle forze dell’ordine, giornalisti e altre persone): nessuno, anche qui, che intervenga.
LO SQUADRISMO
Gang giovanili, un episodio fra i tanti, che si riversano nel fine settimana nel quartiere capitolino della Garbatella, quello di Giorgia e della mamma, per prendere di mira gli antifascisti a suon di grida e di lanci di pietre contro le 8 finestre delle loro abitazioni.
UNA DONNA SOLA AL COMANDO
La suprema aspirazione di chi, mettendo mano alla Costituzione, vorrebbe sostituire il libero confronto in Parlamento tra i diversi partiti, di ostacolo all’idea di un “monopartito di Stato“, con la compressione del ruolo di controllo svolto dai parlamentari nei confronti dell’esecutivo. Questo per effetto di un premierato elettivo che è cosa ben diversa dal presidenzialismo (come quello francese o americano). Nel primo, frutto di una concezione populistica della politica e della cosa pubblica, il capo dell’esecutivo ha in pugno il Parlamento, e non può essere licenziato, in quanto scelto dai cittadini, pena il ritorno alle urne. Nel secondo l’aula parlamentare, nel vigilare sull’azione del Governo, può dimissionare chi lo presiede semplicemente sostituendolo (senza che si renda cioè necessario il ricorso anticipato al voto).
Massimo Arcangeli linguista, scrittore, conduttore tv e sociologo della comunicazione, insegna all’Università di Cagliari, dirige vari festival e manifestazioni culturali e collabora o ha collaborato con quasi tutte le maggiori testate quotidiane italiane.