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Negli Stati Uniti di Trump e Musk vanno bene solo i “gay normali”

Il nuovo corso del governo americano riesce a fare distinzioni anche tra gli omosessuali. Una riflessione di Luigi Amodio per Radio Pride

Negli Stati Uniti di Trump e Musk vanno bene solo i “gay normali”

Politica, Salute, Transfobia

7 Gennaio 2025

Di: Radio Pride

Se non proprio “del mondo”, come vuole la retorica giornalistica, sicuramente gli occhi di miliardi di persone – attivisti, politici, intellettuali, persone qualsiasi che seguono le vicende geo/politiche – sono puntati sul 20 gennaio 2025, data in cui ha formalmente inizio, con la cerimonia di insediamento, l’era Trump, anzi per essere più precisi l’era Trump-Musk in quanto – finché l’idillio dura – è molto evidente l’ascendente del miliardario, proprietario di Tesla e di X.

Inizio formale in quanto l’influenza – nefasta, ad avviso di chi scrive – del presidente USA già si sta facendo sentire da mesi, addirittura da prima delle elezioni di novembre, il cui risultato, grazie a una serie di catastrofici errori dei democratici USA, era già annunciato.

Come moltissimi analisti sottolineano, è davvero difficile fare pronostici su questa seconda presidenza Trump-Musk. L’unica cosa prevedibile, infatti, è proprio l’elevatissimo tasso di imprevedibilità che caratterizza questi due protagonisti della scena mondiale che non risparmieranno all’Occidente e al mondo, così come li abbiamo conosciuti finora nell’ordine uscito dal secondo dopoguerra, numerose sorprese. Ma, appunto, si vedrà.

Presidenza Trump-Musk e i “gay normali”

In queste poche righe, perciò, mi limito a fare qualche breve e schematica riflessione e congettura sulle ricadute possibili della presidenza Trump-Musk sulla comunità LGBT+.

In primo luogo, a conferma della imprevedibilità di cui sopra, il nuovo segretario al tesoro (quindi uno dei più importanti ministri del futuro esecutivo) sarà Scott Bessent, manager 62enne e miliardario, gay dichiarato, sposato con un uomo e padre di due figli. D’altronde, lo stesso J. D. Vance, vicepresidente ultraconservatore, ebbe a dire che non sarebbe stato sorpreso di vincere anche grazie ai voti dei “gay normali” (testualmente: “I wouldn’t be surprised if me and Trump won just the normal gay guy vote”). Insomma, a leggere tra le righe sembrerebbe proprio che per i “gay normali” non dovrebbero esserci grandi problemi. Ma che cosa è un “gay normale”? Lo dice bene il columnist Tony Bravo del “San Francisco Chronicle”: è “cisgender, preferibilmente bianco e Americano di nascita. È benestante, sicuramente privilegiato e ha paura di perdere qualsiasi status gli conferisca la sua mascolinità bianca.” Insomma, il ritratto di Bessent e di altri milioni come lui.

Ma le altre e gli altri?

Qui la situazione cambia e radicalmente. Se, infatti, anche durante la campagna elettorale non si sono registrati attacchi espliciti alle persone lesbiche e gay e ai diritti finora conquistati, come il matrimonio egualitario, molto diverso è il caso delle persone trans, o comunque di tutt* quell* che mettono in discussione un esasperato binarismo, sia biologico che sociale. Qui gli attacchi di Trump, Musk, Vance e moltissimi altri candidati e pensatori della destra americana, non sono mancati, facendoci capire chiaramente quale sarà la musica nei prossimi anni.

D’altra parte, anche in Europa, la leader della forza politica di ultradestra Alternative für Deutschland, non è forse lesbica dichiarata, sposata con una donna e madre di due figli (ma ne riparleremo a febbraio, quando si voterà in Germania)?

Insomma, se sei un gay o una lesbica “normale”, cisgender, contrari* all’immigrazione e favorevole a un liberismo selvaggio, sei tutto sommato accettabile e tollerabile. Ma se “rompi” … le scatole, i generi, le regole … allora preparati a resistere!

Ovviamente è anche facile prevedere che alcune scelte di politica economica che nulla hanno a che vedere apparentemente con la comunità LGBT+, alla fine si ripercuoteranno inevitabilmente sui gruppi sociali più deboli. L’abbiamo imparato tristemente negli anni ’80, all’inizio della pandemia di AIDS, quando il mix reaganiano di moralismo sessuofobico e di liberismo in economia, ha rallentato significativamente la ricerca di cure efficaci; e che i gay “muoiano pure, in fondo in fondo se la sono cercata!”.

Il negazionismo di Kennedy

Da questo punto di vista la nomina di un negazionista sanitario come Kennedy a ministro della salute, combinata alla volontà di tagliare la spesa sociale e addirittura la minaccia di uscire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, non potrà che avere ripercussioni negative sui trattamenti per la disforia di genere, sulla salute sessuale e riproduttiva, oltre che sulle campagne vaccinali e più in generale sulla prevenzione. Con conseguenze pericolosissime anche fuori dei confini statunitensi.

Così come non promette nulla di buono la scelta di tagliare i fondi federali per l’istruzione e, soprattutto, la promessa elettorale di cacciare fuori dalle scuole i programmi a favore delle persone transgender e della cosiddetta “teoria critica della razza”, con le preoccupanti conseguenze sociali che è facile immaginare.

Risponderemo con le nostre lotte

Se questo è lo scenario, e se consideriamo il solido rapporto in via di costruzione tra il duo Trump-Musk e il nostro Presidente del Consiglio, allora l’unica cosa che possiamo fare è prepararci a studiare e cercare di comprendere il vento che spira dagli USA e, ovviamente, continuare a rispondere con le nostre lotte.

 

Luigi Amodio tra i fondatori di ArciGay nazionale e primo presidente di Antinoo Arcigay Napoli, è tuttora attivo nel movimento LGBT+. Docente a contratto di Media digitali all’Università di Napoli Federico II, si occupa di progetti di social innovation presso la PMI innovativa SPICI srl. Per molti anni è stato animatore e dirigente della Città della Scienza di Napoli.