Un milione di fragili intenti, romanzo d’esordio di Alberto D’Amico
Questo libro ha l’obiettivo di intrattenere il lettore, come fosse un episodio di Sex Educational. Per saperne di più su raggiungiamo telefonicamente Alberto D’Amico
Sarà in libreria a partire dal 5 novembre (su Amazon a fine ottobre) ma è già in pre-order, un milione di fragili intenti, il romanzo d’esordio di Alberto D’Amico, giornalista Mediaset, pubblicato da Santelli Editore.
Il romanzo racconta la storia d’amore – fatta di un milione di fragili intenti – tra Alberto, giornalista trentanovenne, e Javier, quarantacinquenne spagnolo che lavora per una società di Madrid e vive in Italia da quattro anni. Una storia tenuta insieme dal desiderio di voler percorrere una parte di vita insieme, un desiderio che, nonostante l’amore, fa i conti con separazioni, ricongiungimenti, tradimenti, incomprensioni e gelosie. Una storia d’amore come tante che, come spesso accade, presenta criticità e imperfezioni. Irresistibilmente incompatibili, Alberto e Javier sono però sostanzialmente inseparabili. Inseparabili almeno finché non irrompe il destino e Javier muore inaspettatamente. Da quel drammatico 24 dicembre 2006, Alberto deve ricostruire non solo la sua vita ma anche sé stesso, a partire dal vuoto incolmabile causato dalla fine del suo compagno.
Per saperne di più su Un milione di fragili intenti, raggiungiamo telefonicamente Alberto D’Amico.
Alberto, quando e perché nasce l’idea di scrivere Un milione di fragili intenti? Cosa sono questi fragili intenti a cui allude il titolo del romanzo?
L’idea nasce circa 18 anni fa dopo un periodo di grande divertimento in quello che era rimasto della Milano da bere versione anni 2000. Poi, come succede in quasi tutte le cose che faccio, il progetto è stato abbandonato per essere ripreso, anni dopo, durante la recente pandemia. A questo punto, passanti quasi due decenni, mi sono reso conto di come la vita di Alberto, tutto sommato, poteva essere raccontata. Con le sue contraddizioni, la sua leggerezza, la sua mancanza di linearità, la sua confusione, la sua ilarità. Perché questo libro ha solo un obiettivo: intrattenere il lettore. Come fosse un episodio di Sex Educational, Six feet under, Elite, Sex and the city o Black Mirror. Intrattenere nel vero senso della parola. Sentirsi dire: “ho letto il tuo libro e ho sorriso” è il complimento più bello che mi si possa fare.
Un milione di fragili intenti sono i tentativi fatti dal protagonista per costruire una storia d’amore. Il titolo fa anche riferimento al best seller di James Frey, Un milione di piccoli pezzi, la cui struttura è fortemente caratterizzata, come nel mio libro, da dialoghi.
Ci presenti i protagonisti di questo romanzo? Uno dei due, Alberto, oltre ad avere il tuo nome, fa anche il giornalista, proprio come te. In che misura, questo romanzo, raccoglie e recupera anche informazioni della tua esperienza autobiografica?
Alberto è più coglione, Javier è più saggio. Questa sarebbe l’estrema sintesi. Sì, Alberto ha la mia identità ma non sono io. L’ho fatto sia per facilitare la scrittura sia perché mi piace che il lettore passeggi in quella linea d’ombra del “è lui o non è lui”. Alcune cose sono reali, altre totalmente inventate e altre ancora portate all’accesso. Per esempio non mi sono mai chiuso in bagno con uno sconosciuto un minuto dopo aver ricevuto un regalo dal mio fidanzato, ma è vero che mi sono follemente innamorato di un collega che però non ha mai fatto il conduttore tv.
Il tuo romanzo racconta anche la parabola di una storia d’amore tra due uomini che non possono fare a meno l’uno dell’altro anche se sono irresistibilmente incompatibili. A tuo parere, una storia d’amore omosessuale, affinché funzioni, deve avere una “ricetta” diversa da quella idonea a far funzionare una storia d’amore eterosessuale?
Premessa: trovo che l’amore resti per la mia generazione, quella X, il sentimento più sopravvalutato in assoluto. Insieme al sesso che, grazie a dio, non è un sentimento. Detto questo credo che l’unica ricetta, se esiste una ricetta, è imparare prima a stare soli. Una delle esperienze più felici che la vita ti può dare. La mia psicanalista anni fa mi disse: “Quando incontra qualcuno, incontra una storia, non una persona”. Ecco, forse entrare in quella storia, è la chiave per vivere il rapporto serenamente. Ma per entrare nella storia degli altri, uomini o donne che siano, bisogna prima sporcarsi le mani e attaccare i cocci della propria. Io sono un grande sostenitore della “singletudine” a fini formativi. Sostituire madri e padri con “Amici, complici e amanti” non porta mai da nessuna parte se non sul lettino dello psicologo. Appunto.
In esergo al romanzo, citi, tra l’altro, due stralci tratti da romanzi cult della cultura gay degli anni ‘80: Camere separate di P.V. Tondelli e Meno di zero di B.E. Ellis. Perché hai scelto proprio queste citazioni? Che ruolo hanno avuto questi scrittori e questi romanzi nella tua formazione culturale e sentimentale?
Nonostante la mia pessima memoria posso dirti che Pier Vittorio Tondelli è stato il primo autore che ho ordinato nella libreria del paese lacustre in cui sono cresciuto. Il libro era Pao Pao. Siamo nel 1982, io avevo 15 anni. E Bret Easton Ellis non poteva non esserci, per me cresciuto negli anni Ottanta. Credo che di entrambi abbia letto tutti i libri. Camere separate è tuttora il mio romanzo d’amore preferito. Il nome di Leo, l’amico di Alberto in Un milione di fragili intenti non si chiama così a caso (Leo è anche il nome del protagonista del romanzo di Tondelli).
Le frasi in esergo rappresentano pienamente quello che sono io: una persona a cui non piace nulla della propria vita, che ha sempre voluto tutto e che si è sempre dovuta accontentare di qualcosa. Che detto così potrebbe spaventare. Tranquilli anche in questo caso sto esagerando.