di Salvatore Piro
SCAFATI – “È stata una manifestazione che ha lasciato un segno negativo nella città, anche tra coloro che credono nella libertà del pensiero…I temi che pongono sono già superati dalla storia e dell’attualità che viviamo”. E’ questo il sunto più stringato, crudo, senza fronzoli, ma (perdonate l’intrusione ndr) praticamente sorpassato a gran velocità e “a sinistra” dalla realtà dei tempi, rilasciato dal sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti. Intervistato da Radio Pride, dopo il pacifico corteo Pride dello scorso 16 Settembre, tenutosi nel Comune di Scafati, il primo cittadino ha commentato in maniera a dir poco anacronistica l’ultima invasione “arcobaleno” pronta a rivendicare il riconoscimento di legittimi diritti di eguaglianza formale e sostanziale. Una volta richiesta via Pec la possibilità di intervistare in merito il sindaco Aliberti, ecco la sua opinione al riguardo. E’ in versione integrale, senza alcuna modifica o inutili tagli di sorta:
Quali sensazioni ha ricavato dal Pride?
“Mi aspettavo una partecipazione maggiore da parte della loro comunità e dei cittadini ma probabilmente, i temi che pongono sono già superati dalla storia e dell’attualità che viviamo”.
L’hanno accusata di avere un atteggiamento quantomeno ondivago, concedendo il patrocinio morale all’evento ma poi, secondo una parte della critica, di fatto provando ad osteggiare la manifestazione. Come risponde, adesso, alle polemiche?
“Non ho mai osteggiato la manifestazione, semplicemente avevo detto che era meglio si concludesse in un’area molto più grande alla luce del numero dei partecipanti che mi aspettavo e che mi era stata prospettato dall’organizzazione. Credo semplicemente si cercasse un capro espiatorio per innalzare la polemica e il livello dello scontro piuttosto che manifestare per le questioni di cui si dice di essere portavoce”.
Non crede che il corteo del 16 Settembre sia stato un bel momento di discussione e di partecipazione democratica?
“È stata una manifestazione che ha lasciato un segno negativo nella Città, anche tra coloro che credono nella libertà del pensiero e continuano a ritenere che ognuno nella vita può fare ciò che vuole nel rispetto dell’etica e della morale degli altri. Credo proprio, e lo dichiaro con dispiacere, che la manifestazione del 16 settembre abbia segnato un punto negativo per la comunità del Pride”.
Il diritto allo Sport è ormai ufficialmente entrato in Costituzione, mentre in Italia non esiste l’affermazione costituzionale del matrimonio egualitario. Cosa pensa al riguardo?
“Non riesco a trovare il nesso tra lo sport e il matrimonio egualitario. Credo che in generale ci debba essere un rispetto dell’etica, della morale e della tradizione di un Paese come l’Italia che tra l’altro sta diventando sempre più aperto e moderno rispetto ad una serie di temi civili sui quali prima c’era assolutamente un tabù. Abbiamo fatto dei grossi passi in avanti. Rispetto al tema del matrimonio molto dipende anche dalla capacità che il mondo del Pride avrà di rapportarsi con chi non ha la loro stessa visione, non con violenza ma con il confronto”.
Sul palco, nel momento in cui ha preso la parola, ha ricevuto dei fischi, ma gli organizzatori hanno preferito che esponesse comunque il suo pensiero. Non crede si tratti di un segnale distensivo da coltivare anche per il futuro?
“Chi fischia senza voler ascoltare l’interlocutore ha già perso in partenza, si è persa l’occasione di sentire quale fosse la visione di un amministratore che, al di là della sua visione, vuole aprirsi al confronto anche con chi ha una idea diversa della vita”.
Quali sono i rapporti dell’Amministrazione e della sua Giunta con la comunità LGBT locale?
“Esiste una comunità locale? Io spero di no perché se esistesse significherebbe che ci sono persone che abbiamo ghettizzato. Se esiste, bisogna fare in modo che esca allo scoperto che si metta nella condizione di interloquire con l’amministrazione, con la Città perché è giusto parlare e confrontarsi senza avere il pregiudizio, lo stesso che ho sentito sulla mia pelle quando sul palco hanno cominciato a fischiarmi”.
Crede che Scafati possa diventare una sorta di modello sperimentale per aprire un sano confronto tra politica e comunità LGBT?
“Scafati deve lanciare un messaggio a chi ci guarda dall’esterno: noi siamo una Città libera nel pensiero e nella visione, una Città capace di accettare anche altri modelli di vita. Basta che il tutto avvenga sempre nel rispetto delle regole, della morale e dell’ etica degli altri. Credo che sia questo il modello che bisogna veicolare all’esterno perché non abbiamo bisogno di dimostrare di non essere omofobi”.
Sarebbe disposto ad ospitare nella sua città una seconda edizione del Pride?
“Un secondo Pride? Quale sarebbe l’obiettivo? Se il fine può servire ad una comunità per questioni di visibilità, non ne vedo l’utilità. Se può servire a superare la violenza del loro pregiudizio verso gli altri, ben venga”.
Il suo giudizio definitivo sulla manifestazione…
“Manifestare per una giusta ragione, per un convincimento, per una battaglia che deve portare a cambiamenti positivi è sempre qualcosa di bello ed entusiasmante. Credo che molti, non etero, non abbiano partecipato perché questa battaglia non ha ragione di essere vincolata al Pride. Sono tanti gli amici omosessuali che mi hanno espresso la loro solidarietà. Credo che il pregiudizio più grande nei loro confronti spesse volte nasca proprio all’interno delle loro stesse famiglie. È questa la battaglia che bisogna condurre. È stato bello vedere la mamma di una ragazza ‘non etero’ abbracciarmi e dirmi in silenzio: “grazie Sindaco” per essere qui”.
Alcune foto dello Scafati PRIDE