Vincenzo Sbrizzi
L’Inps dovrà modificare il proprio applicativo informatico perché discriminatorio nei confronti delle famiglie omo-genitoriali. A stabilirlo è stato il tribunale di Bergamo che ha accolto il ricorso presentato dalla “Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+”. Nel maggio 2023 l’associazione aveva intentato una causa collettiva a cui si è aggiunta nel processo anche la Cgil nazionale. Con la pronuncia del 25 gennaio 2024, il tribunale bergamasco ha stabilito che il sito dell’Inps non permetteva di accedere ai congedi previsti anche per i genitori dello stesso sesso. Non era, infatti, possibile presentare la domanda come per le coppie etero-genitoriali, perché non permetteva di completare la procedura fornendo le generalità di entrambi. Il giudice ha accolto il ricorso accertando l’“ingiustificata discriminazione a danno dei genitori dello stesso sesso”. Il tribunale ha stabilito in un due mesi il termine entro cui l’Inps deve modificare il portale. Per ogni eventuale giorno di ritardo dovrà pagare una sanzione di 100 euro. “L’applicativo web dell’INPS per le domande di congedi e riposi per i quali è stata promossa la causa rispecchia la normativa nazionale, pensata a suo tempo – e mai aggiornata, pur essendoci stata l’opportunità con il recepimento della cosiddetta Direttiva Congedi nel 2022 – per due genitori di sesso diverso. Ma trattandosi di istituti a cui si applica il divieto di discriminazione per orientamento sessuale imposto dal diritto dell’Unione Europea, tutti i congedi devono essere accessibili anche alle coppie di genitori dello stesso sesso, che devono potersi suddividere i compiti di cura e assistenza, come avviene per tutti i genitori eterosessuali” spiega l’avvocato Francesco Rizzi, socio di Rete Lenford che ha patrocinato la causa insieme al collega Alberto Guariso. “Il nostro prossimo obiettivo è quello di tutelare la posizione anche dei genitori che non hanno potuto ottenere il riconoscimento alla nascita e stanno attendendo i lunghi tempi dell’adozione in casi particolari, perché la condizione di coloro che stanno attendendo il riconoscimento e si fanno già carico dei compiti di cura genitoriale non è così diversa da coloro che sono riconosciuti come genitori già alla nascita” conclude l’avvocato Rizzi.