Vincenzo Sbrizzi
Si è fermato in semifinale il sogno di Valentina Petrillo, prima atleta transgender a partecipare alle Paralimpiadi. Petrillo è arrivata terza in 57″58, facendo segnare il suo nuovo primato personale che però non è bastato. In finale sono arrivate l’iraniana Hajar Safarzadeh Ghahderijani (56″07/record asiatico) e la venezuelana Alejandra Paola Perez Lopez (56″34). “Ci ho provato fino alla fine, non ce l’ho fatta, sono più forti di me, non ce niente da fare. Devo essere contenta anche se sono un po’ giù, ma spero che mio figlio sia orgoglioso di me. Questo per me è importante perché ha un papà trans e magari non è il papà che sognano tutti, ma spero che sia orgoglioso di me lo stesso“. Queste le sue parole nella zona mista dello Stade de France dopo i 400 metri donne di atletica leggera della categoria T12. Originaria di Napoli, 50 anni, quando aveva 14 anni, a Valentina è stata diagnosticata la sindrome di Stargardt che l’ha resa poi ipovedente. Nel 2019 ha fatto coming out intraprendendo un percorso di affermazione di genere. Nelle categorie maschili, Petrillo aveva vinto undici titoli nazionali ed era stata calciatore della nazionale italiana ciechi di calcio a cinque. Lo scorso anno a Parigi aveva conquistato due medaglie di bronzo ai Campionati mondiali paralimpici di atletica. Si era qualificata per la semifinale dei Giochi paralimpici di Parigi 2024 dopo aver corso in 58″35 in batteria. “La pista è bellissima, spinge tanto, il clima all’interno dello stadio è fantastico, e quindi per me è la realizzazione di un sogno. Oggi 2 settembre 2024 per me è una data storica – aveva dichiarato dopo la qualificazione aggiungendo -. Da questo giorno io vorrei non sentire più parlare di discriminazioni, di pregiudizi per le persone trans, se ce l’ho fatta io che sono veramente piccola ce la possiamo fare tutti“.