Claudio Finelli
Melchionna (autore e regista): “spero che i ‘diversi’ vivano presto in un mondo di ‘diversi’ dove i ‘normali’ si studieranno sui libri di storia”.
Per il decimo anno, torna a Napoli, fino al 14 luglio, nella straordinaria cornice di Castel Sant’Elmo, registrando peraltro un immediato e ininterrotto sold out, Dignità Autonome di Prostituzione, il fortunatissimo e pluripremiato format teatrale scritto e diretto da Luciano Melchionna e ideato dallo stesso Melchionna con Betta Cianchini.
DAdP, questo è l’acronimo per indicare il format che presenta una formula ormai consolidata e che si propone come vera e propria esperienza seducente e inusuale, esperienza sulla quale Melchionna costruisce sapientemente, per ogni nuova edizione, uno spettacolo diverso, in grado di rinnovarsi ogni sera: la luce ‘rossa’ che avvolge il castello è ormai diventato un segnale inequivocabile, visibile e riconoscibile da tutta la città.
Gli attori, in eleganti e sensuali vestaglie, come prostitute, adescano e si lasciano abbordare dagli spettatori/clienti che, a suon di “dollarini”, contrattano il prezzo per ogni prestazione, per ogni “pillola” di piacere teatrale.
Incontriamo Luciano Melchionna per saperne di più su DAdP e sull’ormai riconosciuto valore Lgbt Friendly dello spettacolo.
Luciano, qual è – a tuo parere – il segreto del successo di Dignità Autonome di Prostituzione?
Mille sono i segreti di un successo che chiedo a tutti i miei artisti di riconquistare ogni giorno, forse questo è il primo segreto chissà. Un altro, forse, affonda le radici nella mia urgenza di comunicare in tutti i modi con gli esseri umani, a cominciare dai miei produttori, dai miei collaboratori e dagli artisti fino a raggiungere il pubblico. Mi metto sempre dalla parte dello spettatore quando creo… e Dignità è la mia testa, la mia sensibilità, la creatività, la mia amarezza e lo sconforto di fronte a tanto male che vedo e che provo sulla mia pelle ma anche la gioia, l’entusiasmo e l’ottimismo che mi pervadono come una droga, ogni volta, dopo ogni caduta. E così, dopo aver “acceso” i miei artisti, spingendoli a guardarsi dentro e a restituire tutto, fino in fondo, libero gli spettatori, li attivo e li lascio scegliere di prendersi una carezza, uno schiaffo o un pugno nello stomaco per poi tornare a festeggiare la vita, tutti insieme. La vita che poi è proprio così, in fondo, un luna park di emozioni, un “sali e scendi” che ti innamora e che non puoi e non vorresti smettere mai.
DAdP è un format dichiaratamente schierato nella lotta alle discriminazioni e nella promozione dei diritti. Da cosa nasce questa scelta? Qual è – a tuo parere – la situazione dei diritti in Italia?
Dunque, io sono omosessuale e vengo da quelle generazioni in cui si doveva assolutamente nascondere la propria sessualità e fingersi omologati per non rischiare di essere malmenati, come mi è successo, o attaccati dalla famiglia o da uno dei due genitori, come mi è successo: ho avuto un padre che non mi fece fare danza e i soldi sì, si sarebbero trovati, ma solo per fare pugilato. Io so bene cosa voglia dire un simile clima di repressione e di disprezzo (mi sono sempre chiesto se mio padre stesso fosse omosessuale, altrimenti come si spiega tanto odio se non per nascondere qualcosa?) e so per certo che bisogna combattere più che mai per mantenere alto il discorso sui diritti e sulla libertà. Non si può abbassare la guardia, bisogna sensibilizzare e ricordare alle persone come si sentirebbero se qualcuno decidesse per loro come vivere, se qualcuno decidesse per loro cosa è giusto, cosa sbagliato e cosa contro natura. Assurdo, no? Nel 2005 ho girato il mio primo film “Gas” in cui descrivevo praticamente, e purtroppo, la situazione più che mai attuale degli omosessuali e mi sono sentito dire (solo qui in Italia) che ormai era tutto superato e che eravamo integrati e accettati: e qui sta la trappola, nel “contentino”! Oltretutto, chi osa “accettare” qualcun altro? Come osano parlare di accettazione? Come dico nel mio monologo “Diversamente diverso” affidato alla meravigliosa Priscilla, ovvero Mariano Gallo (che ne fa un capolavoro di comunicazione e commozione): “spero che i ‘diversi’ vivano presto in un mondo di ‘diversi’ dove i ‘normali’ si studieranno sui libri di storia”.
C’è un personaggio, tra i tanti che hai scritto e diretto per DAdP, a cui sei affezionato più degli altri? Uno che per te, al di là del valore artistico, ha un significato differente?
Li amo tutti profondamente – giuro – e non posso fare discriminazioni. Sono tutti pezzi di cuore, hanno tutti gli occhi, i sorrisi o le lacrime di chi ho incontrato sul mio cammino. Posso dirti solo che ‘Nella’ ha un peso speciale, per esempio, perché è stato il primo monologo che ho scritto, prima ancora di iniziare questa “dignitosa” avventura e ha quindi dato il “via” a tutto. ‘Nella’ è la storia di un/a nipote che da grande scopre che la nonna che l’ha cresciuto/a da giovane faceva la prostituta. È la scoperta di un mondo prima allontanato da sé e poi abbracciato in pieno perché si rende conto che, se oggi è un uomo o una donna libero/a e ricco/a di principi e valori imprescindibili, lo deve a lei, alla nonna. E questo basta per riflettere sulla libertà di fare ciò che si vuole, se non fa male a nessuno.