Dal lontano 2006 in poi, grazie a una crescente opposizione per i diritti civili, la Russia può “vantare” una lunga serie di normative che minano la libertà delle persone appartenenti alla Comunità LGBT+. Nonostante innumerevoli solleciti e multe da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, diversi altri Paesi di stampo europeista e associazioni internazionali, restano proibiti matrimoni, unioni civili, adozioni, manifestazioni come i Pride (in via ufficiale dal 2012) e qualsiasi “propaganda LGBT+” rivolta ai minori di diciotto anni (dal 2013).
A fine del 2022, quest’ultima legge anti-LGBT viene inasprita ulteriormente: è dunque vietata “la promozione di rapporti sessuali non tradizionali” in qualunque contesto (dunque non solo per i minori), compresi media, internet, libri, film e serie tv, e qualunque altro mezzo di divulgazione culturale.
In data odierna questa legge è arrivata fino al Teatro Bolshoi di Mosca, dove è stato rimosso dal repertorio il balletto dedicato al grande ballerino e coreografo Rudolf Nureyev. Tale balletto (con musiche di Ilya Demutsky, regia e scenografia di Serebrennikov e coreografia di Yury Posokhov) viene eliminato nonostante abbia esordito soltanto nel 2017 e l’ultima replica risalga al 2021.
Per chi non fosse informato sul mondo della danza, è importate sapere che Nureyev (nato in Russia nel 1938 e deceduto nel 1993) è stato il primo ad abbattere il confine tra il balletto classico e la danza moderna, e uno dei pochissimo coreografi a mettere in risalto i ruoli maschili, solitamente e canonicamente relegati a figure di supporto in buona parte dei balletti antecedenti a quel periodo storico.
Ma per quale motivo la Russia di Putin considera questo omaggio a Nureyev un esempio di “propaganda LGBT+”?
Perché Rudolf Nureyev non ha mai nascosto la sua omosessualità e, nonostante abbia contratto l’AIDS, ha lottato contro il decorso della malattia per continuare a danzare e viaggiare.
A trent’anni dalla sua prematura scomparsa, dunque, il ricordo del sempre amato danzatore e coreografo è minato dall’ennesimo tentativo di portare avanti i “valori tradizionali” a cui l’odierna Russia aspira da ormai fin troppi anni.
Samuel Matrone
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