Salvatore Piro
L’Italia discrimina chi appartiene alla comunità LGBTQ. A testimoniarlo sono i dati. Ufficiali. Il nostro Paese è appena al 34esimo posto su 49 nella classifica 2023 di ILGA Europe per i diritti LGBTQ, che misura proprio la situazione giuridica e politica delle persone LGBTQ in 49 Paesi, valutando quella di ognuno su una scala che va da 0 (grave violazione dei diritti umani e discriminazione) a 100 (rispetto dei diritti umani, piena eguaglianza) sulla base di 74 criteri, in sette macroaree: uguaglianza e non discriminazione; famiglia; crimini e discorsi d’odio; riconoscimento legale del genere; integrità corporea intersessuale; spazio della società civile; asilo. L’Italia perde un posto rispetto all’anno scorso, scivolando alla 34esima posizione. Il punteggio dell’Italia è infatti del 25%, contro il 63% della Francia, il 74% della Spagna, l’89% di Malta, la prima in classifica. La speciale classifica è stilata da ILGA Europe, la principale organizzazione LGBTQ europea. A penalizzare l’intera comunità, nel nostro Paese, sono specialmente: la mancanza del matrimonio egualitario (riconosciuto in tutta l’Europa occidentale tranne che in Italia e in Grecia), la vacatio legis contro l’omotransfobia, la mancata legislazione per il riconoscimento dei figli delle coppie dello stesso sesso. La Polonia è il Paese UE con la posizione più bassa: 43esimo posto, ma è risalita nella classifica grazie ai tribunali che hanno tolto l’obbligo di interventi chirurgici per il riconoscimento legale del genere.