Claudio Finelli
Da giovedì 30 novembre a domenica 3 dicembre, al Teatro Nuovo di Napoli, storica sala nel cuore dei Quartieri Spagnoli, va in scena Gerico Innocenza Rosa, spettacolo che racconta il percorso di transizione di un adolescente che ricostruisce la sua nuova identità, grazie all’aiuto della nonna. Protagonista della pièce, scritta e diretta da Luana Rondinelli, è Valeria Solarino, interprete resa celebre dal cinema e dalla televisione, che torna così al teatro con una messinscena intensa che affronta tematiche legate all’identità di genere e a tutte le forme di discriminazione.
Nella casa di campagna in cui è cresciuto, Vincenzo narra il suo percorso di consapevolezza e di “transizione” alla madre, fredda e distaccata, e alla nonna, che lo ha sempre aiutato e sostenuto, e attraverso questo dialogo restituisce la ricerca dell’amore e dell’affermazione della propria identità, lontano da qualsiasi pregiudizio, per sentirsi finalmente amato e compreso.
«Ognuno può rispecchiarsi in questo spettacolo – afferma l’autrice e regista Luana Rondinelli – e trovare il proprio modo per essere se stesso fino in fondo, senza pregiudizi che costringono ad essere altro, senza paure, con la consapevolezza che se l’accettazione parte dal nucleo familiare e dagli affetti autentici il percorso dell’affermazione della propria identità sarà più semplice».
Per saperne di più su Gerico Innocenza Rosa, contattiamo telefonicamente Valeria Solarino che ha amato fin da subito questo testo e che, con incredibile bravura, porta in scena, ogni sera, la molteplicità dei personaggi che costellano il mondo del protagonista.
Che importanza ha, oggi, raccontare storie, come quella di Innocenza Rosa, che affrontano tematiche relative all’identità e all’affermazione di identità non conformi? Come è stato entrare nell’universo emotivo e sentimentale di Vincenzo per seguirne la ‘rinascita’ come Innocenza Rosa?
Entrare in questa storia è stato davvero un regalo, lo spettacolo parla di identità di genere ma io lo vivo ogni sera come un racconto sull’affermazione della propria identità in generale, perché penso che l’identità di genere sia un aspetto dell’identità che è qualcosa di più ampio, come se fosse un colore della nostra identità che è formata da tanti colori diversi. Prima avevo un’immagine dell’identità come il risultato di qualcosa che è composto da tanti pezzetti che uno accumula nel corso della vita, come se fosse uno zaino che alla fine della vita svuoti e dici “ecco, io sono questo”, invece facendo questo spettacolo sono arrivata alla conclusione che è l’esatto opposto, è quello che rimane quando ti spogli di tutte le sovrastrutture che ci mettiamo addosso perché rispondiamo agli impulsi e a ciò che riceviamo dalla società e non sempre corrispondono realmente a quello che siamo e che vogliano essere. Spesso le persone si aspettano da noi qualcosa e noi ci adeguiamo a queste aspettative. La scoperta della propria identità è davvero un viaggio, un percorso, e non tutti arrivano a capire davvero qual è la propria identità. Vincenzo ha la fortuna di compiere questo viaggio grazie all’aiuto della nonna, la nonna lo accoglie per quello che è e lui si sente libero, attraverso l’amore della nonna, di dire innanzitutto a se stesso che il corpo in cui si ritrova non gli corrisponde e quindi inizia il percorso di transizione. Credo sia importante raccontare queste storie anche a teatro perché il teatro come il cinema arriva in maniera diversa rispetto alla lettura di un libro o all’ascolto di una conferenza o di un dibattito, sono modi diversi di relazionarsi a una tematica; il teatro tocca certe tematiche in modalità emotiva e questo è importante.
Cosa vorrebbe trasmettere al suo pubblico con questo lavoro? Qual è lo spettatore ideale che dovrebbe assolutamente vedere questo spettacolo?
Non so qual è lo spettatore ideale, diciamo che quando finisco lo spettacolo mi capita di incontrare persone che hanno compiuto la transizione o che a loro volta conoscono persone che l’hanno compiuta e mi capita anche di incontrare persone che non avevano mai affrontato queste tematiche e anche io non avevo mai elaborato certi pensieri perché la mia identità di genere corrisponde a quella che gli altri si aspettano da me e quindi non è mai stato un problema, per me, affermare la mia identità. Mi piace che le persone possano empatizzare con la vita di questo mio personaggio.
Nelle note di regia, si legge che Gerico Innocenza Rosa è uno spettacolo che intende affrontare tutte le discriminazioni. Secondo Valeria Solarino, l’Italia è un Paese in cui si vivono molte situazioni di esclusione ed emarginazione?
Penso che ci siano ancora, non solo in Italia, tante discriminazioni soprattutto quando si parla di identità, quando qualcosa che noi siamo non corrisponde esattamente a quello che gli altri si aspettano da noi e la cosa viene vista con sospetto, nel migliore dei casi, o anche con repulsione e ciò scatena rabbia, fastidio e aggressività negli altri. È necessario purtroppo parlare ancora di questi argomenti.